Vitruvio
Dell’uomo Marco Vitruvio Pollione, vissuto tra 80 e 20 a.C, sappiamo ben poco, dal momento che solo nove menzioni sono conservate nella tradizione antica (Plinio il Vecchio, Frontino, Faventino, Serviliano, Sidonio Apollinare), mentre alcune informazioni è possibile ricavarle da preziose confidenze autobiografiche disseminate nelle prefazioni dei dieci libri della sua opera, il De Architectura.
Attraverso questi scarsi indizi è possibile ricostruire almeno in parte il quadro professionale e sociale entro cui si inserisce Vitruvio, mentre resta fallibile ogni pretesa di descriverne in modo esaustivo la personalità. Studi recenti, corroborati dalla sagace analisi di Pierre Gros, hanno mostrato come molto probabilmente egli dovesse appartenere all’ordo degli apparitores, una categoria socio-professionale costituita dai collaboratori dei magistrati romani, specialisti di vario tipo, che fungevano da tramiti e referenti indispensabili nella realizzazione di opere e per lo svolgimento delle funzioni amministrative; costoro erano perciò tenuti in grande considerazione, sia dal popolo, che dalla gerarchia politica. In base alle competenze che mostra di possedere, siamo indotti a ritenere cheVitruvio appartenesse, durante la maggior parte della sua carriera, a quella tipologia di apparitores definiti scribae armamentarii, le cui funzioni erano principalmente di tipo militare, come quelle affidate a lui e a tre colleghi negli eserciti di Cesare ( I, praef., 2).
Grazie al cenno autobiografico contenuto nella prefazione al primo libro del De Architectura possiamo riassumere le principali tappe della carriera di Vitruvio, la cui attività ebbe inizio sotto Cesare, presso il quale fu responsabile delle macchine belliche, per proseguire durante il secondo triumvirato al servizio di Ottaviano, fino al ritiro nei primi anni del principato.
L’interessamento della sorella dell’imperatore, Ottavia, fece sì che dopo il ritiro gli fosse mantenuto il salario, a titolo di pensione dopo la cessazione dell’attività ( I, praef., 2).
Egli non svolse tutta la sua attività come specialista del settore militare, ma, a quanto riferisce Frontino, assunse a Roma, probabilmente al servizio di Agrippa, delle responsabilità nell’amministrazione delle acque (Frontin. Aq., 25, 1e 2), attività in cui fu probabilmente occupato per qualche anno, a partire dal 33 a.C.
Anche l’aver curato (“curavi”) la costruzione della Basilica di Fano rientra pienamente nel quadro sociale degli apparitores, che potevano, alla fine del loro servizio, fare carriere municipali: è dunque probabile che Vitruvio occupasse, nella Colonia Iulia Fanestris, una posizione di responsabilità.
“Il poco che intravediamo delle sue origini sociali concorda senza difficoltà con la ricostruzione di questo percorso: sulla base della testimonianza di 6, praef., 4-5,Vitruvio avrebbe ricevuto dai suoi genitori e dai suoi maestri (“parentum cura et praeceptorum doctrina”) una buona educazione, che tradisce una volontà di promozione sociale e un profondo rispetto dei valori tradizionali; abbiamo qui il ritratto di una piccola borghesia dei municipi e delle colonie dell’Italia centrale e settentrionale, talvolta romanizzata da poco, che costituì, durante gli ultimi decenni della repubblica un vasto vivaio di talenti e fornì allo Stato romano i suoi più fedeli funzionari e alcuni degli spiriti migliori.
L’accesso all’ordo degli apparitores doveva rappresentare, in tale ambiente,una realizzazione piena, tanto dal punto di vista professionale, quanto dal punto di vista dell’integrazione socio-culturale” ( P. Gros,Vitruvio e il suo tempo, in Vitruvio, De Architectura, ed. Einaudi 1997).
Non sappiamo nulla di certo sulle sue origini. Alcuni lo vorrebbero proveniente da Roma, altri da Formia o, più in generale, dall’area campana.
Secondo altri studiosi, anche in relazione all’incarico nella Colonia Julia Fanestris relativo alla Basilica, non è da escludere l’individuazione, proprio nella odierna Fano, della sua città natale.
Paolo Clini